Il territorio
Spiagge e zone umide
A partire dagli anni Sessanta del Novecento Orosei prende coscienza dell’ impareggiabile patrimonio ambientale costituito dal suo lungo litorale (20 Km. di costa) in cui bianchi o dorati arenili si alternano a scogliere basaltiche e granitiche. La valorizzazione turistica prende avvio nella stazione balneare di Cala Liberotto dove si concentrano villette residenziali, efficienti complessi alberghieri e confortevoli campeggi immersi nella folta pineta dirimpetto al mare.
La località di maggiore pregio ambientale è il parco naturale di Biderrosa (ingresso a pagamento), area di oltre 400 ha. in gran parte rimboschita a pino ed eucalipti, in cui non manca però la tipica macchia mediterranea (mirto, erica, cisto, lentischio, lecci, corbezzoli e ginepri); percorsi a piedi, in bicicletta o in macchina consentono di raggiungere quote elevate dei rilievi granitici da cui si gode lo splendido panorama dei sottostanti stagni e delle spiagge di finissima sabbia, ambita meta principale dei villeggianti.
Nell’ultimo ventennio anche il lungo cordone sabbioso (6 Km.) da Marina di Orosei a Su Barone e Osala, frequentato da un numero in continua crescita di bagnanti, servito da una più articolata rete viaria, ha accolto alcune strutture ricettive e di servizio, tra le quali si segnala l’area di Su Barone (ingresso a pagamento in periodo estivo), immacolata spiaggia fasciata da lussureggiante pineta con lo stagno retrodunale di Su Petrosu, zona umida di interesse comunitario.
Le bonifiche ottocentesche e di primo Novecento avevano come scopo primario quello di regolamentare il corso del Cedrino mediante l’innalzamento degli argini e l’eliminazione dei numerosi bacini paludosi che ammorbavano l’aria favorendo l’insorgere della malaria. Il passaggio “dalle acque malarigine all’acqua della vita” si ottiene con la capillare rete irrigua indispensabile all’ agricoltura (orti, giardini, erbai e vivai) e con la riconosciuta importanza, anche a fini turistici, delle estese zone umide ove stanzia ormai permanentemente una ricca avifauna palustre (aironi cenerini, garzette, folaghe, cormorani, gallinelle d’acqua, gabbiani…) cui periodicamente si aggiungono specie migratorie (anitre, fenicotteri rosa, cavalieri d’Italia…): tutti elementi che farebbero la gioia dei sempre più numerosi appassionati del bird-watching. Siti di particolare interesse naturalistico e idenitario
All’eventuale frequentatore abitudinario delle nostre spiagge e del centro storico che voglia approfondire la conoscenza dell’ambiente scelto per le sue vacanze si suggerisce la visita (preferibilmente guidata) di tre siti facilmente raggiungibili e che assommano aspetti paesaggistici e antropici di particolare bellezza e valenza.
Cuccuru ‘e frores: località tra le più interessanti sia per testimonianze paleontologiche (fossili di tutte le fasi del Cretaceo) che per la marcata antropizzazione dalla preistoria (domus de jana di Conca ruja, grotte riparo, nuraghe e muraglie nuragiche sulla cima e lungo le creste strapiombanti sulla sottostante valle) alla fine dello scorso millennio (una decina di forni di calce in uso fino alla metà del Novecento, il primo deposito d’acqua potabile, tracce d’archeologia industriale dei primi saggi delle cave di marmo). Il rilievo calcareo, alle propaggini NE del Tuttavista, risulta ben circoscritto da una stretta valle percorribile a piedi; dalla sua cima (alt. m. 254) un panorama invidiabile che premia la fatica dell’ascesa intrapresa. Il toponimo (collina dei fiori) ne consiglia la visita in periodo di massima fioritura (marzo-aprile).
Colle di Santa Lucia: isolata dai contemporanei altopiani basaltici ad opera dell’attività erosiva delle acque del fiume Cedrino (che in questo punto, prima delle opere di arginamento, si biforcava in due distinti rami), conserva tracce della sua remota e più recente antropizzazione. Ad epoca preistorica sono riferibili una tomba dolmenica (purtroppo violata) e filari basali di due torri nuragiche posizionate lungo il ciglione SE; rinvenimenti fittili superficiali ne testimoniano una frequentazione in periodo romano, mentre le chiese ancora aperte al culto di S. Lucia (forse impostata su un precedente tempio romano) e di S. Giovanni Evangelista costituiscono la più evidente emergenza monumentale della medioevale “villa” di Bithé (Bibisse nelle fonti).
I dintorni dell’attuale frazione di Sos Alinos (anno 1964) sono costellati da numerosi primitivi ricoveri di pastori (cuiles) i quali, data la notevole distanza dal paese, per l’allevamento e la custodia del bestiame (greggi di pecore e capre in prevalenza) costruiscono una semplice residenza abitativa circondata da orto e con vani funzionali per garantire assoluta autonomia.