Il paese
Iglesias (IPA: [iˈɡlɛzjas], Igrèsias in sardo) è un comune italiano di 27 265 abitanti, capoluogo con Carbonia della provincia di Carbonia-Iglesias. Si trova nella Sardegna sud-occidentale, nella regione dell'Iglesiente di cui è il principale centro abitato e alla cui regione dà il nome. Nei secoli della dominazione spagnola fu una delle città regie della Sardegna. È sede vescovile (diocesi di Iglesias), erede storica dell'antica diocesi di Sulcis.
La zona dove sorge l'odierna città di Iglesias era già frequentata in epoca preistorica: le tracce più antiche d'insediamento umano risalgono al neolitico antico; sono invece attribuibili alla cultura di Ozieri (IV millennio a.C.) le tombe ipogeiche, dette domus de janas, scoperte nell'area montuosa di San Benedetto. Al periodo prenuragico appartengono anche i ritrovamenti ascrivibili alle culture di Monte Claro, del Vaso campaniforme e di Bonnanaro rinvenuti nelle grotte circostanti. Seguono ulteriori tracce di frequentazioni nuragiche (vari Nuraghi, ormai diroccati, sono presenti sul territorio) e, ovviamente, immancabili rinvenimenti archeologici di ceramiche fenicio-puniche; sempre all'epoca cartaginese si riferisce il tempio di Genna Cantoni, nei pressi dell'area archeologica nuragica di Matzanni, lungo il confine con Vallermosa. In Età romana risulta che vi siano state frequentazioni assidue, specie per via delle miniere d'argento presenti sul territorio. Le fonti parlano di Metalla, la favolosa città perduta, forse al confine tra Iglesias e Fluminimaggiore, sito principale di estrazione mineraria nel territorio.
Nell'Alto Medioevo si perdono le tracce umane, per lo meno nella prima metà. Dal IX secolo d.C., invece, riappaiono tracce urbane, con la chiesa tardo-bizantina di San Salvatore, recentemente restaurata e recuperata, che testimonia la presenza nella zona di un antico abitato. Dopo l'abbandono dell'isola da parte dei bizantini, il territorio fu compreso nella curatoria del Cixerri e seguì le sorti del giudicato di Cagliari che dominò tutta l'area meridionale della Sardegna fino al XIII secolo. In epoca giudicale, oltre a quella di San Salvatore, erano presenti altre due chiese (la chiesa di San Saturno e la chiesa di Sant'Antonio Abate) che farebbero ipotizzare l'esistenza di tre piccoli abitati.
Nel 1258, a seguito della spartizione del giudicato, la parte occidentale corrispondente al "terzo" del territorio giudicale (curatorie del Cixerri, Sulcis, Nora, Decimo) venne assegnata alla famiglia pisana dei Della Gherardesca. Questo terzo fu diviso poi nel 1282 in due "sesti" ; un sesto comprendente le due curatorie meridionali e Decimo andò agli eredi di Gherardo della Gherardesca mentre il sesto corrispondente alla curatoria del Cixerri passò al conte Ugolino della Gherardesca; per incentivare lo sfruttamento delle ricche risorse argentifere del territorio, grazie alle sue iniziative venne fondata una nuova città, Villa di Chiesa (in latino Villa Ecclesiae, Bidda de Cresias in sardo antico), ristrutturando e ampliando gli insediamenti preesistenti e favorendo l'afflusso di nuovi abitanti. I Della Gherardesca ugoliniani vi costruirono un castello (pesantemente modificato e restaurato nei secoli), detto di Salvaterra o di San Guantino, le mura, palazzi, un ospedale e un acquedotto; finanziarono inoltre la costruzione di diverse chiese: fra le più importanti si possono citare la chiesa di Santa Chiara, edificata fra il 1284 e il 1288, e quella di Nostra Signora di Valverde, costruita tra il 1285 e il 1290; molte altre chiese sorsero negli anni a venire, in virtù del forte attaccamento spirituale e religioso degli allora abitanti della città. Sull'origine del nome ci sono diverse ipotesi, tra cui quella poco probabile che lo lega alla presenza di numerose chiese in città, e altre che riguarderebbero una forte presenza di controllo da parte del potere ecclesiastico nel territorio iglesiente, già attestata a partire da diversi secoli prima dell'arrivo dei pisani.
Dopo la morte del conte Ugolino avvenuta nel marzo del 1289 nella Torre della Muda di Pisa, dove era stato imprigionato l'estate del 1288 a causa dell'accusa di sedizione e alto tradimento, i suoi possedimenti sardi del Cixerri furono ereditati dal figlio Guelfo della Gherardesca che, sfuggito all'autorità di Pisa nel 1288, si era stabilito a Villa di Chiesa. Guelfo portò avanti una politica di ostilità verso il potere centrale della repubblica e coniò nella neonata zecca di Villa di Chiesa una moneta propria in argento (tornesi) sulla quale campeggiava la scritta in latino "GUELFUS ET LOTTUS COMITES DE DONORATICO ET TERCIE PARTIS REGNI KALLARI"; in seguito tentò di impadronirsi con la forza del "sesto" (curatorie del Sulcis, Nora e Decimo) che dopo la divisione del 1282 era passato agli eredi di Gherardo della Gherardesca, occupando il castello di Gioiosa Guardia presso Villamassargia.
La risposta di Pisa non si fece attendere e nel 1295 le truppe della repubblica guidate dallo zio avversario Ranieri Della Gherardesca e da Lupo Villani e coadiuvate dalle forze di Mariano II di Arborea assalirono Villa di Chiesa e la espugnarono. Guelfo venne ferito da una "verga sardesca" nei pressi di Domusnovas e tentò quindi la fuga verso Sassari ma morì a causa di un'infezione nell'ospedale di Siete Fuentes situato nel territorio del giudicato di Arborea. Villa di Chiesa venne amministrata per un breve periodo dagli arborensi per poi passare sotto il saldo controllo del comune di Pisa tra il 1301 e il 1302.
Al tempo della dominazione diretta di Pisa, Villa di Chiesa era già diventata una delle città più importanti e popolose della Sardegna, grazie al forte impulso dato all'estrazione del piombo e in particolare dell'argento; si calcola infatti che al principio del XIV secolo nelle miniere di Villa di Chiesa si producesse circa il 10% dell'argento in circolazione in Europa, ricchezza argentifera testimoniata da una predica di Giordano da Pisa del 1309: "Et questo veggiamo in delle cose del mondo, che li homini sempre cercano le fonti del mondo unde vegnono alcune cose del mondo. Unde che è? Ove si cava l'argento? Di Villa di Chiesa". La città, popolata in maggioranza da sardi e pisani, ospitava anche altre comunità tra cui una comunità tedesca che trovò impiego nelle attività minerarie. Fiore all'occhiello della città medioevale è il Breve di Villa di Chiesa, il più antico codice di leggi della città, esistente in una copia del 1327 perfettamente conservata e custodita presso l'Archivio Storico Comunale.
Conquistata dagli aragonesi il 7 febbraio 1324 dopo un assedio durato più di sette mesi, Villa di Chiesa fu la prima città sarda a cadere sotto il dominio iberico e la prima città del neonato Regno di Sardegna ad ottenere il riconoscimento di città regia nel giugno del 1327.
Verso la fine del 1353 gli ecclesienti si rivoltarono contro il governo aragonese e si schierarono dalla parte di Mariano IV di Arborea, il quale aveva iniziato le ostilità contro i regnicoli. Dopo la pace di Sanluri del 1355 la città ritornò in mano aragonese ma nel 1365, con la ripresa del conflitto tra il giudicato di Arborea e il regno di Sardegna, Villa di Chiesa fu riconquistata da Mariano. Rimase in mano arborense fino al 1388 quando, a seguito del trattato tra Eleonora d'Arborea e Giovanni I di Aragona, fu restituita agli aragonesi. Nel 1391 la città si rivoltò nuovamente contro gli aragonesi, accogliendo fra le sue mura le armate giudicali di Brancaleone Doria. Venne ripresa definitivamente dagli iberici nell'estate del 1409.
Nel 1436 Alfonso V d’Aragona la cedette in feudo ad Eleonora Carroz per 5000 fiorini d'oro, tuttavia già nel 1450, dopo il pagamento di un riscatto, riaquisì lo status di città regia.
Per tutto il periodo della dominazione aragonese e spagnola, durata circa quattro secoli, fu una delle più importanti e popolose città del regno, governata da un Capitano di Giustizia di nomina regia e da un Consiglio elettivo presieduto da un Giurato Capo. Tra i nomi che ricorrono più spesso fra coloro che ricoprirono la carica di Capo del Consiglio della città, vi sono quelli dei membri delle famiglie Cani, Despinosa, Escarchoni (o Scarxoni), Salazar (in potere della quale era anche la carica di Capitano di Giustizia ed Alcayde, nonché la Signoria delle Scrivanie della città) e Serra. Durante questa fase storica si diffuse l'uso del catalano e poi del castigliano, idioma dal quale deriva l'attuale denominazione: Iglesias (Chiese). A questo periodo risale, inoltre, la ristrutturazione di quasi tutti gli edifici di culto cittadini e delle fortificazioni difensive. I segni di questa presenza ricca e produttiva da un punto di vista soprattutto culturale sono quindi numerosissimi e riscontrabili ancora oggi in gran parte dell'edilizia storica iglesiente.
Nel 1720, come deciso dal trattato dell'Aia, la città passò, con tutta l'isola, ai Savoia che acquisirono il titolo di re di Sardegna. Durante l'esilio della casa reale in Sardegna (1799-1814) a seguito della conquista francese del Piemonte, sino al rientro dei reali a Torino, Iglesias era il loro luogo di villeggiatura annuale, essi venivano in città a fine primavera, in particolare la regina con i figli.
Nel corso del XVIII secolo, anche a causa del quasi totale abbandono dell'attività mineraria iniziato già in età spagnola, Iglesias e i suoi abitanti, riciclatisi in agricoltori e allevatori, saranno tra i maggiori protagonisti del ripopolamento delle terre pressoché disabitate del basso Sulcis e dell'isola di Sant'Antioco. I nuclei insediativi ad economia agro-pastorale (denominati furriadroxius e medaus) che si vennero a formare, in alcuni casi riunendosi fra loro (boddeus o oddeus) diventeranno dei comuni a sé stanti nel secolo successivo.
A partire dalla metà dell'Ottocento grazie alla riapertura delle vicine miniere la città visse un periodo di rinnovamento economico, sociale e culturale. Molti tecnici e lavoratori provenienti da varie parti della Sardegna ma anche dal Piemonte, dal Bergamasco ecc. si stabilirono in questo periodo in città facendo sì che nel giro di circa quarant'anni la popolazione passasse da circa 5.000-6.000 abitanti a circa 20.000 nei primi del novecento. A partire dal secondo dopoguerra il comparto minerario sardo entrò in crisi; gli effetti di tale crisi non tardarono a coinvolgere anche l'Iglesiente e le sue miniere e la stessa città di Iglesias.
Nel 1821 Iglesias venne eletta dai Savoia capoluogo dell'omonima provincia, comprendente 23 comuni del territorio iglesiente (o del Ciserro), sulcitano e dell'antico giudicato di Colostrai. La Provincia di Iglesias rimase in vita sino al 1848, tuttavia la città divenne capoluogo del circondario di Iglesias e dell'omonimo mandamento (all'interno della Provincia di Cagliari), enti che restarono in attività sino alla loro soppressione nel 1927. Il 12 ottobre 2005 con Delibera del Consiglio Provinciale n. 21 (Determinazione del Capoluogo. Atto Statutario.) a Iglesias, unitamente a Carbonia, è stata attribuita la qualifica di capoluogo della Provincia di Carbonia-Iglesias, della quale vi hanno sede gli organi del Consiglio Provinciale.