Il paese
Adagiato sopra un tacco calcareo circondato da rigogliose foreste di lecci, ginepri e ontani, una terra ricoperta dalla macchia mediterranea,con vaste distese di corbezzolo, cisto, lentischio, rosmarino dai fiori celesti e bianchi, mirto e fillirea, che in primavera ed estate creano un'esplosione di colori e di fiori.
Un territorio antichissimo, risalente al Giurassico, oggetto di studio da parte di botanici e geologi di Università italiane e straniere, dove ancora oggi si possono vedere ad occhio nudo numerosi fossili. Un territorio che fin dalla Preistoria ha ospitato le diverse popolazioni che vi si sono insediate lasciando segni tangibili della loro presenza.
Tutto questo è Perdasdefogu, un paese che per secoli ha cercato di celare la propria esistenza, ma che oggi è pronto ad accogliere i suooi ospiti e a mostrare il proprio patrimonio storico e naturalistico.
Perdasdefogu (pietre di fuoco in italiano) è chiamato anche Foghesu; anzi, nel Dizionario dell'Angius - Casalis si trova solo questo nome. Secondo il linguista Massimo Pittau un territorio ricco di pietre come il litantrace, l'antracite e pietre di silice (con le quali i primitivi accendevano il fuoco) è un terreno di "fogu" e quindi diventa "foghesu".
La leggenda popolare vuole che il paese sia stato fondato dagli abitanti di Turu, un villaggio situato nelle coste del Sarrabus (forse nella zona tra Villaputzu e Muravera), nella fuga verso l'interno per scampare agli assalti degli Arabi, che dominavano incontrastati nel Mediterraneo durante l'VIII e il IX secolo d.C.
Il nome del paese compare per la prima volta in un documento del 1504 firmato da Re Ferdinando d'Aragona, anche se sicuramente esisteva già da tempo: i fuggitivi, infatti, per paura di nuove incursioni dal mare avevano scelto un posto dal quale il mare non si potesse vedere e lì si erano fermati, ponendo le basi per il nuovo insediamento.