La città
Giave è un comune di 568 abitanti della provincia di Sassari, nell'antica regione del Meilogu, in Sardegna.
Il comune fa parte della Comunità montana del Logudoro e della Regione Agraria numero 6 - Colline del Meilogu. Conta 289 nuclei familiari e 496 abitazioni[senza fonte], ed è dotato di una fermata ferroviaria a valle, dove è presente un piccolo insediamento industriale.
II territorio di Giave è contraddistinto da rilievi pronunciati, come la famosa "Pedra Mendalza", che si staglia isolata sulla pianura, suggestivamente denominata valle dei Nuraghi a nord-est e Campu Giavesu a sud-ovest. La Pedra Mendalza rappresenta un esempio spettacolare di un antico condotto vulcanico riemerso grazie all'azione dell'erosione, nel gergo dei geologi è chiamato neck, originatosi dalla precedente presenza di un vulcano ostruito e poi spentosi, una struttura osservabile anche in località Santa Giusta fra Semestene e Bonorva.
Nell'ambito della riscoperta della cultura pastorale esistono una serie di itinerari agevoli, segnati dalle pinnette, le tradizionali abitazioni a cono, coperte, costruite a secco da piccole lastre di pietra e usate dai pastori. Accanto a queste testimonianze, si segnalano delle domus de janas ("case delle fate") riconducibili al Neolitico Recente, tra le quali quella di Riu Mulinu ed i monumenti dell'età nuragica del bronzo, come il noto nuraghe Oes.
Grazie alla feracità dei suoli la zona di Giave fu intensamente abitata sin dalla preistoria, trovandosi nei pressi della Valle dei Nuraghi, una delle regioni d'Europa più ricche di testimonianze della civiltà neolitica. Tuttavia le prime fonti storiche riguardo al sito attuale del villaggio risalgono al periodo punico: il nome Giave è infatti una storpiatura del toponimo "Hafa", un fragile insediamento (più a valle del sito attuale) nella tarda età cartaginese, quando gli invasori meridionali riuscirono a valicare la costera e raggiungere Turris Lybissonis (l'odierna Porto Torres) sulla costa settentrionale.
Ma furono i Romani il primo popolo forestiero a colonizzare realmente la zona, creandovi la biforcazione della strada che congiungeva Caralis (Cagliari) a Turris da una parte e ad Olbia dall'altra, e insediandovi varie legioni in difesa degli attacchi dalle tribù nuragiche non romanizzate, che si erano rifugiate nelle impervie montagne a sud-est.
Durante il dominio del giudicato di Torres la popolazione viveva un relativo benessere economico, che si interruppe quando la Sardegna cadde sotto l'orbita di influenza spagnola. Il sistema di oppressione del feudalesimo tra il XIV ed il XVIII secolo raggiunse nella curatoria a cui apparteneva Giave i massimi livelli di oscurantismo e disumanità, con imposizioni di corvée, decime e forse anche l'aberrante Ius primae noctis. La situazione non migliorò nel passaggio sotto la dominazione dei Savoia.
Solo dopo la nascita dello Stato italiano finalmente Giave ritrovò un periodo di relativo progresso civile ed economico, grazie allo sviluppo delle rete ferroviaria e alla costruzione di una stazione a valle, che diede nuovo impulso alle tradizionali attività agro pastorali. Tuttavia dal dopoguerra anche Giave è andato incontro al depauperamento demografico che ha interessato tutte le aree interne dell'isola, causato dai cambiamenti economici dell'epoca recente.
Il centro storico rivela un impianto urbano di chiara derivazione tardo-medievale, contraddistinto dalla disposizione planimetrica degli insediamenti con visibili aggiunte tardo rinascimentali e settecentesche.
Gianni Careddu, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons - Testi WIKIPEDIA