La città
Usini è un comune italiano di 4.412 abitanti della provincia di Sassari in Sardegna. Il comune per i suoi prodotti e riconoscimenti è entrato nel novero delle città del vino.
Quando avvenne lo spopolamento ed il progressivo abbandono dei villaggi confinanti, Usini riuscì comunque a sopravvivere, resistendo alle micidiali epidemie di peste che falcidiarono i sardi del medioevo. Tutto ciò grazie alla proverbiale caparbietà dei suoi abitanti ed alla loro incrollabile fede religiosa, che li condusse, tra il XII ed il XIII secolo, sotto la spinta dei monaci benedettini inviati in Sardegna su richiesta dei Giudici di Torres, alla edificazione delle chiese di San Giovanni Battista, di Santa Maria de S'Ena Frisca (oggi di Santa Croce) e di San Pietro. Quest'ultima fu sede parrocchiale nel cinquecento e successivamente finì per cadere in rovina; già nel settecento il complesso religioso fu sede degli oratori di Santa Croce e della Madonna del Rosario ed ospitò le rispettive confraternite; nei primi decenni dell'ottocento l'intera struttura, ormai fatiscente, venne demolita per lasciare spazio alla costruzione della attuale chiesa parrocchiale, dedicata alla Natività di Maria Vergine e terminata nel 1825.
Usini, via Volta, stemma del barone di Usini Giacomo Manca, XVI sec.
Quelli del Medioevo furono anni terribili, segnati da miserie e povertà assolute. Altissimo fu il tasso di mortalità tra le popolazioni del Logudoro. In tutto questo tempo ed in particolare nei secoli di dominazione spagnola, anche Usini conobbe la sottomissione del giogo feudale, esercitata, a partire dal XIV secolo, dalle potenti famiglie dei Centelles, baroni di Osilo e dei Cano-Cedrelles, baroni di Usini. Con l'ordinamento feudale le vecchie curatorie giudicali cessarono di esistere e i villaggi che ne avevano fatto parte vennero assegnati ai feudatari stranieri che si erano maggiormente distinti durante le guerre di conquista del regno. Dopo essere stato un possedimento di alcuni esponenti della famiglia genovese dei Malaspina, il villaggio di Usini venne concesso in feudo dal re di Aragona al nobile valenzano Gilalberto Centelles, altrimenti chiamato Bernardo di Rivosecco, con il titolo di barone di Osilo. La baronia di Osilo comprendeva a quel tempo, oltre al castello e al borgo osilese, anche i villaggi di Usini. Ittiri, Ossi, Tissi, Muros e Uri.
Nel 1447, in seguito allo scomposizione del feudo di Osilo, il sassarese Angelo Cano divenne il primo barone di Usini ed i suoi discendenti, appartenenti alle nobili famiglie Fabra e Cedrelles, si contesero a fasi alterne il dominio sui possedimenti feudali. La giurisdizione della baronia di Usini comprendeva i villaggi e i territori di Usini, Ittiri, Uri, Ossi, Tissi e Muros. Nel 1544 il barone Galzerando Cedrelles cedette la baronia di Usini (con annessi i villaggi di Usini e Tissi) a Giacomo Manca e da allora, per un lunghissimo periodo compreso tra il 1544 ed il 1839, furono i suoi discendenti ad assumere l'amministrazione del villaggio. Nel 1528 il villaggio di Tissi rimase spopolato a causa della peste che aveva sterminato l'intera popolazione. Nel 1599 e nel 1600 il barone di Usini Giacomo Manca III si adoperò per ripopolare il villaggio, facendo costruire dieci case presso la chiesa di Sant'Anastasia e poi altre venticinque che furono assegnate alle famiglie povere di Ossi che lì si stabilirono. A partire dal 1643, la baronia di Usini venne trasformata in contea e assunse la denominazione di “contea di San Giorgio”, dal nome della chiesa campestre di San Giorgio di Oleastreto (oleastretum = piccolo olivastro), edificata verosimilmente nei primi anni del XII secolo a circa 8 km, in direzione NO, dal centro abitato di Usini, che fu per lunghi secoli di proprietà delle monache pisane di San Leonardo di Stagno e dove, ogni primo di maggio, si teneva la festa del “Santo Guerriero” a cura del feudatario, con la partecipazione delle cavallerie e dei fedeli che popolavano i villaggi di Usini e di Tissi.
Ma non sempre i feudatari governarono con saggezza ed equità. Verso la fine del XVIII secolo, i pesanti tributi feudali imposti dal duca dell'Asinara e conte di San Giorgio, Antonio Manca Amat, non tardarono ad animare i propositi rivoluzionari nelle popolazioni logudoresi. Lo spirito ribelle degli usinesi si animò fieramente quando, nel marzo del 1796, venne sottoscritto il grande patto antifeudale, insieme ad altri 32 villaggi del Logudoro. Fu in quel tormentato periodo della storia della Sardegna che i contadini di Usini, stanchi dei soprusi e delle vessazioni del feudatario, si rifiutarono di pagare i balzelli feudali; durante la rivolta angioiana parteciparono all'assalto di Sassari il 28 dicembre 1795, guidati da Francesco Cilocco e da Gioachino Mundula, occupando l'abitazione del duca dell'Asinara (il palazzo Manca di Usini nell'attuale Piazza Tola a Sassari); infine, seguirono fino al ponte di Tramatza l'alternos Giommaria Angioy nella sua sfortunata marcia verso Cagliari, capitale del potere statuale e politico della Sardegna di fine Settecento.
Verso la fine del XVIII secolo, Usini conobbe sanguinosi episodi di conflittualità interni, culminati nella tragica vicenda che ebbe come protagonista il "bandito" Francesco "Cicciu" Derosas. In età sabauda assistette alla nascita della proprietà terriera, prima con l' ”editto delle chiudende” e poi, in seguito all'abolizione del feudalesimo, con l'assegnazione delle terre demaniali. Nella seconda metà dell'ottocento, avutosi il riscatto delle aree feudali, il territorio di Usini venne frazionato in lotti da due ettari ciascuno, che vennero assegnati ai privati mediante atto di estrazione a sorte. Venne così soppressa la forma di gestione comunitaria della terra che da secoli aveva caratterizzato l'economia agraria dell'Isola.
Gianpiero Sanna, Public domain, attraverso Wikimedia Commons - Testi WIKIPEDIA